La
cantante americana Sheryl Crow, nota anche per essere stata la compagna del
campione del ciclismo Lance Armostrong, ha dichiarato ospite al talk show televisivo
"Katie", condotto da Katie Couric, di ritenere che il tumore benigno che
l’ha colpita, un meningioma, sarebbe stato causato dall’uso frequente del
cellulare, spiegando però anche che la sua ipotesi non è stata confermata da
alcun medico.
La
notizia ha fatto il giro del mondo e rappresenta un’occasione preziosa per
osservare in che modo i media trattano una verità tanto scomoda per gli
inserzionisti pubblicitari, cioè per quel settore dell’industria delle
telecomunicazioni - gestori delle reti e venditori di dispositivi mobili – che rappresenta
i maggiori acquirenti degli spazi pubblicitari sui mezzi di comunicazione.
Un
articolo di Rachael Rettner su My Health News
Daily, ripreso dalle notizie di Yahoo,[1] per
esempio, commento la dichiarazione della Crow con l’opinione di un esperto, il Dr.
Michael Schulder, vice capo del dipartimento di Chirurgia dell’Istituto di
Neuroscienze Cushing nel Manhasset, N.Y., secondo il quale “Non ci sono prove
conclusive che i cellulari causano tumori al cervello” e che “non ci sono
ragioni di pensare che ci possa essere una causa esterna” per il meningioma
della Crow.
Lo
stesso articolo cita anche la posizione dell’Istituto Nazionale per il Cancro
(NCI) secondo il quale i cellulari emettono un’energia a radiofrequenza che, a
differenza delle radiazioni ionizzanti, non causano un danno al DNA, che è la
caratteristica di base per attribuire una classificazione di cancerogenicità ad
un agente ambientale.
Segue
nell’articolo la citazione di due studi “rassicuranti” sui cellulari: quello
danese che ha analizzato 2,9 milioni di persone che hanno usato i cellulari per
almeno 11 anni e che non ha mostrato un aumento della probabilità di ammalarsi
di un tipo di tumore benigno, lo schwannome vestibolare, e un altro studio del 2011
condotto sempre in Danimarca che non ha trovato alcuna correlazione tra l’insorgenza
di glioma, un tumore cerebrale, e la zona del cervello maggiormente esposta al
campo elettromagnetico del cellulare.
Per
chi conosce la letteratura medica, in realtà, queste conclusioni sono del tutto
controverse perché si tratta di studi con falle nell’impostazione della
raccolta dei dati e perché sono condotti da medici con conflitti di interessi, cioè
che fanno ricerca con i fondi dell’industria.
Lo
stesso articolo conclude con un curioso invito: “Passate la notizia: non c’è
alcuna prova conclusiva che i cellulari causino tumori cerebrali.”
Il
NY Daily News[2]
punta, invece, l’attenzione sul fatto che a causare il tumore, secondo la Crow,
sarebbero stati i vecchi modelli di cellulari. Titola, infatti così: “Sheryl
Crow ritiene che il suo tumore cerebrale benigno sia stato causato dai ‘vecchi
modelli arcaici di cellulari’ ” e sottotitola che l’attrice aveva avuto già un cancro
al seno nel 2006. Questa specificazione sul tumore al seno suggerisce, a mio
avviso, che la Crow è tutto sommato una persona sfortunata e che, quindi, i cellulari
non hanno alcuna responsabilità con l’insorgenza del suo tumore cerebrale.
Soltanto
l’Huffington Post[3],
un quotidiano online noto per le sue posizioni critiche e più indipendenti
rispetto ai grandi media, cita l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul
Cancro, afferente all’Organizzazione Mondiale di Sanità, che nel maggio 2011 ha
classificato la radiofrequenza, cioè il campo elettromagnetico emesso dal
cellulare, come “possibile cancerogeno di classe 2B”. L’articolo spiega che
fanno parte di questa classificazione il piombo, i gas di scarico, il DDT e il
cloroformio e che gli studi sulla cancerogenicità dei cellulari sono
controversi e non conclusivi.
E’
evidente che gli organi di stampa hanno un’enorme responsabilità nell’informare
correttamente l’opinione pubblica del rischio che si corre usando i cellulari,
ma esiste un conflitto di interessi “strutturale” che impone ai mezzi di
comunicazione di tenere conto degli interessi degli inserzionisti, cioè di chi vende
dispostivi e servizi di telecomunicazioni. D’altra parte questa stessa industria dei cellulari finanzia la ricerca
scientifica e pubblicazioni mediche tramite fondazioni che, nonostante dovrebbero
essere dotate di sistemi di protezione e mascheramento per garantire l’indipendenza
del lavoro dei ricercatori, di fatto però producono sempre conclusioni
rassicuranti.
Una
coincidenza?
Ai
cittadini non resta altro che scegliere tra due opzioni: fidarsi o esercitare
una sana capacità di dubitare.