Il 10 giugno 2010 passa con la fiducia al Senato il decreto di legge che disciplina le intercettazioni telefoniche e ambientali. Quelle telefoniche non potranno durare più di 75 giorni, prorogabili di tre giorni in tre giorni con provvedimento del pm controfirmato dal giudice in caso di particolare necessità per la formazione della prova.
L'autorizzazione deve essere data da un giudice collegiale e solo per i reati gravissimi, cioé puniti con più di cinque anni di carcere, come mafia e terrorismo, sarà possibile intercettare gli indagati per 40 giorni, prorogabili di venti.
Il problema è che spesso si indaga per un crimine non grave e ci si rende conto che potrebbero configurarsi le prove di reati più gravi, ma serve tempo per dimostrarli. Il magistrato, per fare bene il suo lavoro, deve potersi "piegare" ai tempi della malavita, deve poterla inseguire senza assurde scadenze.
Sotto la falsa morale del diritto alla privacy, il governo attuale, piegando ancora una volta il Parlamento con il ricorso alla fiducia, continua nell'indebolimento dell'attività giudiziaria che segna tutta la storia politica di Forza Italia prima e del PdL oggi: complicazione delle procedure per le rogatorie, accorciamento della decadenza di termini, depenalizzazione di reati, impunibilità di alcune cariche dello Stato, ecc.
Quanto è emerso in questi ultimi mesi dalle notizie di stampa sulle intercettazioni rappresenta l'unico bagliore di verità in un panorama informativo che segue acriticamente una politica italiana che mistifica i problemi e le soluzioni.
L'agire per il bene comune imporrebbe di investire di più sulle intercettazioni per arginare criminalità organizzata e corruzione, ma il governo italiano colpisce con questo nuovo Ddl due pilastri fondamentali della democrazia: l'opinione pubblica e la giustizia.
L'agire per il bene comune imporrebbe di investire di più sulle intercettazioni per arginare criminalità organizzata e corruzione, ma il governo italiano colpisce con questo nuovo Ddl due pilastri fondamentali della democrazia: l'opinione pubblica e la giustizia.
Il decreto prevede, infatti, anche pene severissime, fino a 450.000 euro, per gli editori che violano il divieto di pubblicare notizie su intercettazioni o atti coperti da segreto prima della conclusione delle indagini. In questo caso gli stessi giornalisti rischiano fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10.000 euro.
Considerando i lunghissimi tempi della giustizia, questo decreto equivale a sostenere il totale silenzio stampa su inchieste che sarebbero di primario interesse per la formazione di una libera opinione pubblica.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FSNI) ha annunciato per il 9 luglio il “giorno di silenzio” della stampa.
Considerando i lunghissimi tempi della giustizia, questo decreto equivale a sostenere il totale silenzio stampa su inchieste che sarebbero di primario interesse per la formazione di una libera opinione pubblica.
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FSNI) ha annunciato per il 9 luglio il “giorno di silenzio” della stampa.
I cittadini che vivono nella piena legalità e non avrebbero alcun problema ad essere intercettati si ritrovano ancora una volta con le armi spuntate, senza il diritto ad una magistratura inquirente forte e ad un'informazione libera.
La domanda da porsi è: a chi conviene veramente questo ddl?
La domanda da porsi è: a chi conviene veramente questo ddl?
Intercettazioni, la maggioranza mette la fiducia. Berlusconi: "Contro ddl solo toghe e giornali", La Repubblica
Acli. Duro giudizio sul ddl intercettazioni, Vita
Intercettazioni, le ultime modifiche al dd,l Il Giornale
Intercettazioni, sì del Senato Verdi
Nessun commento:
Posta un commento