martedì 22 febbraio 2011

I leader della ricerca sui cellulari all’OMS chiedono urgentemente misure di precauzione per l’uso dei cellulari

Lo scorso 17 febbraio due autrici principali dello studio Interphone dell’OMS, Elisabeth Cardis, ricercatrice del Centro per la Ricerca in Epidemiologia Ambientale di Barcellona e la dott.ssa Siegal Sadetzki, dell’Istituto di Epidemiologia e Salute Pubblica Gertner di Tel-Aviv hanno pubblicato un editoriale che mette in guardia dai possibili rischi legati all'uso dei cellulari.


Si ricorda che i risultati di Interphone, la più vasta indagine sui rischi legati ai cellulari, sono stati pubblicati lo scorso 27 gennaio sul Journal Occupational and Environmental Medicine e hanno suscitato non poche polemiche, non solo per l'interpretazione dei dati ma anche per i conflitti di interessi che questo studio coinvolgeva, con un finanziamento di oltre il 30% da parte dell'industria delle telecomunicazioni.

Le due ricercatrici ritengono oggi che sia necessario fare un uso cauto del cellulare in attesa di ulteriori ricerche sull'argomento.

In particolare hanno scritto che la ricerca sulla radiazione da cellulare ha analizzato persone che non avevano usato molto il cellulare.

In particolare, nello studio Interphone dell’OMS, iniziato nel 2000 e finito nel 2004, veniva considerato un “utente medio” chi aveva usato il cellulare per circa 100 in tutta la vita, pari a circa 2 fino a 2 ore e mezzo al mese.

Interphone definiva come “esposto” alla radiazione del cellulare anche chi lo usava “almeno una volta alla settimana per almeno 6 mesi”, cioé un tempo irrisorio. L’utente medio era chi lo usava da meno di 2 minuti a 4-5 minuti al giorno e, nel gruppo più esposto, c'era chi lo usava 27 minuti al giorno, un tempo comunque limitato se si considera l’uso intensivo che ne viene fatto oggi soprattutto da chi usa il cellulare per motivi di lavoro.

Interphone è stato criticato sia per questi criteri di selezione degli utilizzatori, sia per la scarsa considerazione dei dati che vedevano gli utilizzatori "pesanti" presentare un aumento del 50 % del rischio di sviluppare tumori maligni dalla stessa parte della testa dove tenevano il loro cellulare (detti tumori ipsilaterali).

Un altro aspetto debole di Interphone riguarderebbe il rifiuto, da parte di un numero consistente dei soggetti non utilizzatori di cellulari inizialmente selezionati, di partecipare allo studio perchè meno interessati alle finalità della ricerca rispetto agli utilizzatori abituali.

Le due ricercatrici, Sadetzki e Cardis, nel loro editoriale di febbraio, ritengono che non sia possibile valutare l’ampiezza e l’orientamento di possibili mistificazioni dei risultati dello studio Interphone e stimare, così, tutti gli effetti dei cellulari sul rischio di tumori alla testa. Ritengono, infatti, come anche altri scienziati (per esempio gli autori del rapporto Cellulari e Tumori alla Testa: 15 ragioni per la preoccupazione, la scienza, lo sviluppo e la verità dietro lo studio Interphone, pubblicato nel 2009 dall’International EMF Collaborative) che la direzione globale della ricerca fino ad oggi sia preoccupante.Secondo il prof. Angelo Gino Levis, professore di Mutagenesi Ambientale esperto di campi elettromagnetici, bisogna anche considearre che meno del 5% dei soggetti esaminati da Interphone aveva maturato almeno 10 anni di latenza o di uso continuato dei cellulari, un periodo che si ritiene minimo visto che molte sostanze tossiche impiegno dai 10 ai 30 anni per mostrare il loro potenziale cancerogeno.


“Mentre si attende la conferma o smentita di questi risultati da parte di ulteriori ricerche, le indicazioni preliminari indicano che l’aumento del rischio di tumori alla testa in coloro che lo usano intensamente e per lungo tempo rappresenti motivo di preoccupazione”, concludono Cardis e Sadetzki. “Ci sono oggi circa più di 4 miliardi di persone, compresi bambini, che usano i cellulari. Persino un piccolo rischio a livello individuale produrre un conseguente numero di tumori e diventare un importante problema di salute pubblica. Delle misure semplici e a basso costo, come preferire gli sms e il viva voce, potrebbero ridurre sostanzialmente l’esposizione del cervello alla radiazione del cellulare. Fino a quando non ci sarà, dunque, una risposta definitive, si consiglia l’adoazione dell’uso di queste precauzioni soprattutto nella popolazione giovane”.



Il prof. Levis, in una recente lettera al Ministro della Salute, ha anche apprfondito il fatto che il protocollo Interphone considerava gli utilizzatori di cordless come soggetti non esposti, mentre è documentato che la radiazione emessa dal cordless, soprattutto quando questo viene usato a distanza dalla base sulla quale è inserito quando è a riposo, può superare in intensità quella di un cellulare, tant’è vero che lo scienziato svedese Lennard Hardell ha documentato un aumento rilevante – fino a più del raddoppio – del rischio di meningiomi e di tumori al nervo acustico (neurinomi) proprio negli utilizzatori di soli cordless.

Lo stesso Hardell aveva documentato nel 2007 un raddoppio del rischio di gliomi cerebrali e di neurinomi del nervo acustico tra gli utilizzatori a lungo termine (almeno 10 anni) di telefoni cellulari o cordless. Questo risultato era stato convalidato nello stesso anno dall’Associazione Italiana degli Oncologi Medici a pag. 10 del volume sulle “Linee guida sulle neoplasie cerebrali”, con la raccomandazione di “usare cautela nell’uso di telefoni mobili”.

Fonte: Washington, DC (Vocus/PRWEB) http://www.prweb.com/releases/prweb2011/2/prweb8144389.htm

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